Il Conte di Torino e l’adozione di stemmi per unità di Cavalleria

di Gen. C.A. Paolo Bosotti

Subito dopo la levata di reggimenti permanenti presso l’esercito del Duca di Savoia, nel XVII secolo, sorse la necessità pratico-amministrativa di dotare gli stessi di speciali emblemi che li potessero facilmente contraddistinguere l’uno dagli altri. Tale esigenza si manifestò in particolare nel 1692 quando il Duca Vittorio Amedeo II, allo scopo di contrastare l’endemico e pernicioso fenomeno delle diserzioni, il 20 maggio emanò un editto “Contro i disertori” , disponendo che i soldati che legittimamente avessero avuto “licenza” di allontanarsi dal Corpo di appartenenza dovessero essere muniti di apposito documento, la lettera di licenza appunto, che attestasse l’avvenuta concessione del permesso da parte del Comandante del Reggimento e che tale documento dovesse recare in capo uno speciale emblema, diverso per ogni reparto.

Stendardo colonnello del Reggimento Piemonte Reale Cavalleria, verso
(©MiC – Archivio di Stato di Torino)

A tal fine allegava all’editto la raffigurazione degli stemmi assegnati, ciascuno abbinato ad un Reggimento: tredici blasoni di feudi di pretensione, origine o possesso del Duca di Savoia, più uno stemma dei Cavalieri di Malta. Ai Dragoni di Piemonte, per esempio, venne attribuito lo stemma di uno dei suoi più antichi e prestigiosi feudi in Italia, il Marchesato di Susa, il primo consistente possesso sabaudo nella penisola. Tale stemma così si può blasonare: partito di rosso e bianco a due torri l’una sull’altra. Contestualmente, poiché legati al nome o alle vicende del Reparto, gli emblemi furono ricamati anche sui vessilli reggimentali: Stendardi per la Cavalleria vera e propria, Cornette per i Dragoni. Così, sugli Stendardi del Reggimento “Piemonte Reale” del 1744 venne riprodotto il puledro allegro d’argento, inalberato e rivoltato, quello stesso che già compariva nel sopra menzionato allegato all’editto del 1692. Siffatto uso fu mantenuto anche durante i regni di Carlo Emanuele III e di Vittorio Amedeo III, per essere poi ripreso, dopo la parentesi napoleonica, con la restaurazione del 1816 e così fino alla riforma carloalbertina del febbraio 1832, che semplificò di molto l’iconografia dei vessilli reggimentali, uniformandoli tutti con l’emblema di Savoia moderna.

Scomparso dunque ogni riferimento reggimentale dai vessilli dell’Armata Sarda prima e dell’Esercito Italiano poi, definito nel 1890 lo stemma dello Stato che doveva comparire sulla corrispondenza ufficiale, rimanevano tuttavia presso i Reggimenti la necessità e la volontà di contraddistinguere con uno speciale emblema araldico “la propria corrispondenza” e “per l’uso in occasione di altre manifestazioni interne”. Intorno all’ultimo decennio del XIX secolo, invalse, presso i Reggimenti di più antica costituzione, l’uso “informale” di approntare speciali timbri o bolli a secco con cui sigillare corrispondenza non ufficiale. Nella generalità dei casi tali timbri si caratterizzavano per la presenza di tre stemmi d’uso legati in un qualche modo al reparto. “Genova Cavalleria” ne realizzò uno in cui comparivano l’aquila nera di Savoia antico, caricata in petto dell’ovale di Savoia moderno, in campo d’oro; l’emblema del Genevese e quello di Genova città.

Chiudilettera del
Genova Cavalleria
Il Conte di Torino in uniforme di Colonnello Comandante il Reggimento “Lancieri di Novara”

Il Conte di Torino Vittorio Emanuele, dopo aver assunto il comando del Reggimento “Lancieri di Novara” il 14 febbraio 1900, espresse la volontà di dotare il Corpo, a similitudine degli altri antichi reparti di Cavalleria, di uno stemma che egli si riproponeva di “dare in uso” alla prima significativa occasione. Per l’elaborazione di tale emblema ricorse all’aiuto del colonnello conte Paolo Barattieri di San Pietro che, recatosi a Torino per cercare ispirazione da antichi documenti conservati presso la Biblioteca del Re, ben presto fu in grado di relazionare a proposito. Egli suggerì che anche “Novara”, così come “Savoia” e “Genova”, avrebbe potuto dotarsi di un emblema composto da tre stemmi, che potevano essere: quello reale, quello del ramo Savoia Aosta e quello della città di Novara. Il primo da sempre comparente nell’iconografia militare sabauda, il secondo in ossequio al casato di ben due Comandanti del Reggimento ed il terzo in ricordo della città che dava il nome al reparto. Tuttavia, rilevava che la combinazione dei tre stemmi era “artisticamente poco favorevole” dal momento che tutti erano caratterizzati da una croce d’argento in campo rosso. Si può ragionevolmente ritenere che il Comandante del Reggimento condividesse le perplessità del suo inviato e che gli affidasse il compito di effettuare ulteriori ricerche che lo portarono a proporre di adottare “lo stesso preciso stemma ricamato nel centro dell’antico Stendardo che Novara Cavalleria ebbe alla sua formazione” nel 1828, di cui egli stesso fece uno schizzo a matita.

Il Conte di Torino disponeva dunque di tutti gli elementi per realizzare lo stemma, mancava solo l’opportuna occasione per “darlo in uso”. Questa fu individuata nel 20 maggio 1901, per il 42° annuale della battaglia di Montebello all’epoca Festa di Corpo, durante la quale l’emblema venne utilizzato per la prima volta, riprodotto su dodici drappelle appositamente confezionate da appendersi ad altrettante grandi trombe in argento donate ai bianchi Lancieri dal Principe. Lo stemma che vi campeggiava al centro entrò rapidamente in uso tanto da comparire già in alcune cartoline del 1901 e così si blasona: “scudetto di forma accartocciata, inquartato nel 1° d’oro all’aquila dal volo spiegato di nero, con in cuore uno scudetto ovale di Savoia moderno; nel 2° di rosso alla croce d’argento con la bordura dentata d’oro; nel 3° di rosso alla croce d’argento, caricata in campo di un lambello con tre pendenti d’azzurro; nel 4° di rosso alla croce d’argento; con l’innesto in punta d’azzurro, alla decusse ancorata d’argento, accantonata da quattro gigli d’oro, e con il capo d’oro, all’aquila dal volo abbassato di nero. Il tutto in cuore di una grande aquila dal volo abbassato di nero, imbeccata e membrata d’oro, lampassata di rosso e cimata da corona reale con tocco”.

Drappella del Reggimento Lancieri di Novara (5°) databile al 1901-1902. Sul verso presenta il motto reggimentale “Albis ardua”

Tuttavia, fino ad allora, si era trattato di stemmi d’uso, ovvero adottati senza specifica “autorizzazione” dell’autorità preposta. Solo qualche anno dopo, il 30 giugno 1910, a seguito di prescritta domanda, il Reggimento “Lancieri di Firenze” ottenne dal Re Vittorio Emanuele III apposite Patenti di regio assenso per la concessione di uno speciale stemma “per segnare con esso le corrispondenze e le altre esigenze interne”. Iniziava così, per i reparti militari, la fase del passaggio dallo stemma d’uso allo stemma riconosciuto oppure concesso in forma ufficiale. Gli altri Reggimenti di Cavalleria seguirono ben presto, assieme alla Scuola di Applicazione di Cavalleria ed all’Associazione Nazionale Arma di Cavalleria, e tutti ottennero il richiesto riconoscimento ufficiale. In questa fase di ufficializzazione fu rilevante il ruolo del Conte di Torino, Ispettore Generale di Cavalleria dal 1913. Egli, infatti, avocò a sé l’approvazione preventiva dei blasoni di volta in volta proposti, esercitando un’azione puntuale, attenta e scrupolosa di armonizzazione ed individuando comuni criteri di indirizzo nella scelta dell’emblema da proporre. Ad esempio, negli stemmi doveva sempre comparire la croce d’argento in campo rosso (stemma di Casa Savoia) e, laddove il Reggimento traesse il nome da una città, lo stemma di questa. A testimonianza dell’attenzione prestata dal Principe in materia, vale riportare quanto scriveva nel 1920 l’Aiutante di Campo del Conte di Torino al colonnello Tosti di Valminuta: “S.A.R. approva lo stemma proposto per Nizza Cavalleria e vivamente si compiace per la cura posta nell’idearlo”.

Risulta molto curioso il fatto che l’ultimo reparto a vedersi autorizzato lo stemma fu proprio quello che per primo ne ideò uno conforme ai moderni criteri: i “Lancieri di Novara”. Bisognò infatti aspettare il 1930 perché il Reggimento avviasse formalmente la pratica, che venne inoltrata il 18 febbraio al Capo del Governo affinché venisse riconosciuto lo “storico” stemma, rappresentando che: “l’emblema proposto è quello che l’Augusto Principe (il Conte di Torino), mentre era Comandante dei Lancieri di Novara, dette al Reggimento il 20 maggio 1901 in Firenze, e che da quella data ad oggi il Reggimento ha gelosamente conservato come proprio emblema.” La richiesta andò a buon fine ed il 15 maggio 1931 il Capo del Governo, Cavalier Benito Mussolini, firmò il Decreto Presidenziale di riconoscimento nella forma indicata. Si concludeva così, 21 anni dopo la prima autorizzazione, d’iter di formalizzazione dei 32 emblemi di Enti e Reggimenti di Cavalleria dell’Esercito Italiano che fu patrocinato, monitorato e favorito dal Conte di Torino.


L’immagine della drappella del Reggimento Lancieri di Novara è tratta da T. Spadavecchia, Le Drappelle della Cavalleria, Associazione Nazionale Arma di Cavalleria, Roma 2021, a cui si rimanda per ogni ulteriore approfondimento