“[…] the Residences of the Royal House of Savoy in and around Turin represent a comprehensive overview of European monumental architecture in the 17th and 18th centuries, using style, dimensions, and space to illustrate in an exceptional way the prevailing doctrine of absolute monarchy in material terms”
Queste sono le parole utilizzate dal World Heritage Committee dell’UNESCO quando, nel 1997, le Residenze Reali del Piemonte venivano iscritte nelle liste del Patrimonio dell’Umanità. Le caratteristiche architettoniche e decorative degli edifici, insieme alla progettualità coerentemente portata avanti dagli architetti di corte nella loro realizzazione nell’arco di due secoli sono gli elementi su cui si basa l’importante riconoscimento che ne segna anche la riscoperta sul piano turistico, a cavallo tra gli anni Novanta e i Duemila, che coincide con una rinascita e un aggiornamento degli studi di storia sabauda.


Fin dal trasferimento della capitale del Ducato di Savoia a Torino, nel 1563, i Savoia erano soliti utilizzare gli antichi castelli di loro proprietà posti nelle vicinanze, tra cui Rivoli, Fossano, Moncalieri, Lucento. A partire dagli anni del Duca Carlo Emanuele I (1580-1630), tuttavia, prende corpo l’idea di un progetto molto più articolato di residenze di piacere che potessero ospitare la Famiglia e la corte durante la bella stagione e che permettessero al sovrano di mostrarsi non solo come capo indiscusso dello Stato, ma anche come patrono delle arti, sulla scorta di quanto succedeva sia nelle altre corti italiane (Mantova, Modena, Ferrara e le altre), sia all’estero, in Francia soprattutto.
Insieme all’adeguamento al nuovo corso delle avite residenze di Moncalieri e Rivoli, l’ambizioso progetto prevedeva la realizzazione di nuovi spazi da destinare al ristoro e al gioco così come al principale intrattenimento delle corti dell’epoca, e di quella sabauda in particolare: la caccia. Nascono così i castelli del Viboccone e di Mirafiori, luoghi simbolo dell’età di Carlo Emanuele I caduti poi nell’oblio con la generazione successiva e infine smantellati. Il “Regio Parco” del Viboccone e il Castello sul Sangone, che evocava nel nome quello del monastero spagnolo di Miraflores, erano anche il segno tangibile dell’unione tra il Duca e la moglie, l’Infanta Caterina Micaela d’Asburgo.
Sarà però la determinazione di un’altra donna, Cristina di Francia, vedova del Duca Vittorio Amedeo I, a orientare l’esito di quella che sarà battezzata la “corona di delizie”, un circuito di residenze poste intorno a Torino che, arricchito nel tempo, è giunto sino a noi. Il Castello del Valentino, la Reggia di Venaria Reale, la Palazzina di Caccia di Stupinigi ne costituiscono alcuni dei tasselli principali, insieme alle residenze urbane del Palazzo Reale, del Palazzo Madama, del Palazzo Carignano, del Palazzo Chiablese, di Villa della Regina, a cui si sono aggiunti i castelli di Govone, Pollenzo, Racconigi e Agliè.


Protagonisti dei cantieri ducali e poi reali sono Carlo e Amedeo di Castellamonte, Guarino Guarini, Michelangelo Garove, Filippo Juvarra, Benedetto Alfieri, Giuseppe Battista Piacenza, Carlo Randoni, Ernest Melano, Pelagio Palagi, Domenico Ferri, che nell’arco di due secoli plasmano e assecondano quella visione di estensione della capitale che, non senza difficoltà, ancora oggi è perfettamente leggibile nella costruzione urbanistica e territoriale della città attuale.