Origini della Casa Reale di Savoia

Tra il 1416 e il 1420, il cronista Jean d’Orville, detto Cabaret, viene incaricato da Amedeo VIII di Savoia di redigere una storia della dinastia sabauda. Proprio nel 1416, infatti, Amedeo era divenuto il primo della sua famiglia a fregiarsi del titolo ducale grazie alla concessione dell’imperatore Corrado di Lussemburgo. In questo modo, il primo Duca di Savoia intendeva onorare la secolare memoria del suo casato e allo stesso tempo fissare in termini ufficiali la questione delle origini familiari.

Le Croniques de Savoy rappresentano, quindi, il primo tentativo di definire le radici dell’albero genealogico di Casa Savoia, procedendo oltre il capostipite storicamente riconosciuto, Umberto I detto Biancamano. Nella cronaca di Orville compare allora la figura di Beroldo di Sassonia, padre di Umberto e nipote dell’imperatore Ottone III. Vissuto intorno alla metà del X secolo, Beroldo riassume in sé i tratti dei suoi successori: valoroso combattente, fedele compagno del re Rodolfo III di Borgogna e dell’imperatore Enrico II, si racconta che ebbe modo di distinguersi negli scontri con Arduino re d’Italia, venendo pertanto creato luogotenente del Regno di Borgogna e Conte di Moriana in Savoia.

Per lungo tempo quella di Cabaret fu assunta come la versione ufficiale delle origini della dinastia, tanto da trovare la sua consacrazione ufficiale nel ciclo di affreschi realizzato per il Salone della Guardia Svizzera del Palazzo Reale di Torino. Opera seicentesca dei fratelli pittori Gian Francesco e Antonio Fea, commissionata dal duca Carlo Emanuele II, celebra le gesta degli antichi principi Sassoni nella cui discendenza i Savoia si collocano ponendosi come loro ideali eredi. Ne conseguiva l’appartenenza della famiglia al corpo dei principi tedeschi piuttosto che a quelli italiani, insieme al privilegio di poter partecipare alle diete imperiali e, potenzialmente, quello di essere eletti a capo del Sacro Romano Impero. 

Il mito delle origini germaniche, mai definitivamente accertato da evidenze documentarie, pur conoscendo un revival negli anni della Restaurazione, sarà infine messo da parte al momento della salita al trono di Carlo Alberto nel 1831, quando il cambio di passo nella politica internazionale del Regno di Sardegna suggerì di valorizzare figure più rilevanti, come quella di Amedeo VI, per privilegiare una prospettiva più “nazionale” in vista dei futuri sviluppi politici che avrebbero portato, con Vittorio Emanuele II, all’Unità d’Italia, consolidando il prestigio della più longeva dinastia d’Europa.